La valutazione evolutiva per cambiare la scuola
Prima conoscerli, poi valutarli.
Una maestra, titolare del primo anno in una scuola primaria, mi scrive per un suggerimento: vorrebbe sospendere la valutazione per materie sulla scheda del primo quadrimestre ma teme che i genitori, abituati a modalità più tradizionali, non capiscano la decisione. Mi sembra un’ottima idea e le propongo qualche motivazione che l’aiuti a spiegare alle famiglie la legittimità pedagogica di questa scelta:
Il primo anno della scuola primaria rappresenta per i bambini e le bambine l’inizio di un lungo percorso scolastico che dovrà aiutarli a tirare fuori tutte le loro risorse per un apprendimento efficace. Come ogni inizio l’errore e l’imperfezione sono momenti cruciali, utili e indispensabili per imparare con la necessaria gradualità.
Forzare questo processo di sintonizzazione personale, con forme di valutazione precoce, è non solo sbagliato ma dannoso: blocca il meccanismo di “tentativo ed errore” che produce nel tempo la padronanza degli apprendimenti. I bambini arrivano in prima elementare con età molto diverse. Ben venga quindi la decisione di sospendere i voti per singole materie sulla scheda di valutazione, privilegiando una restituzione più complessiva. È una scelta coraggiosa ma ben ponderata, basata su indiscutibili basilari pedagogici.
Questo è un esempio concreto di valutazione evolutiva (1). Prendersi il tempo per conoscere gli alunni, le loro capacità iniziali, le loro difficoltà e le loro risorse costruisce un nuovo patto con le famiglie, basato sulla fiducia nei bambini, sull’unicità del loro percorso scolastico.
La valutazione comparativa e assoluta, specialmente nella classe prima della primaria, è basata su una falsa equivalenza: come direbbe don Lorenzo Milani, non ha senso fare “parti uguali fra di seguali”. È proprio in prima elementare che è possibile capire i punti di partenza di ciascun bambino e su quelli costruire una restituzione di successo. In ogni pri ma sono presenti bambini di 5 anni e al tri di quasi 7; alcuni sanno già leggere e scrivere, e altri sanno contare solo fino a 10 e scrivere soltanto il loro nome. E ci sono anche quelli che arrivano “nudi e crudi”. Una valutazione che non tenga conto dei reali punti di partenza diventa preclusiva invece che inclusiva.
La valutazione evolutiva risolve l’equivoco creando le condizioni perché siano valutati i progressi, piuttosto che il raggiungimento di obiettivi comuni uguali per tutti.
IL MITO DELLA RISPOSTA ESATTA
L’apprendimento non coincide con la “risposta esatta”. Giustamente Howard Gardner definiva la risposta esatta una convenzione che prescinde dalle reali capacità. “Insegnanti e studenti non sono disposti ad assumersi i rischi del comprendere e si accontentano dei più sicuri ‘compromessi delle risposte corrette’. In virtù di tali compromessi, insegnanti e studenti considerano che l’educazione abbia avuto successo quando gli studenti sono in grado di fornire le risposte accettate come corrette. Naturalmente, alla lunga, non si tratta di una transizione felice: finché si accettano prestazioni rituali, meccaniche o convenzionali, non si promuove la com prensione autentica (2)”.
Il concetto di esatto e di sbagliato va ridefinito alla luce delle nuove conoscenze sull’apprendimento che insistono sulla sua natura operativa più che mnemonica.
La vera valutazione dell’apprendimento va costruita su situazioni complesse, che definisco come prova d’opera cioè compiti problematici che necessitano di una dimensione di utilizzo plurale delle intelligenze ma anche di collaborazione e cooperazione tra gli alunni.
Si tratta di predisporre quelle occasioni di lavoro e di ricerca che consentono agli alunni di mettersi alla prova senza lo stress del giudizio e della competizione con gli altri; prove su esperienze che calano gli alunni nella loro vita reale. Si strutturano diversamente a seconda dell’età dei bambini.
Ecco due esempi:
La margherita dell’identità. Classe prima, scuola primaria. Inizio anno scolastico.
Si consegna a ogni bambino un foglio A3, con una grande margherita con sei petali e due foglie sul gambo. L’inse gnante alla lavagna riporta il disegno e mostra ai bambini come completarlo: al centro ogni bambino scrive il proprio nome (chi sa scriverlo anche il cogno me) e quanti anni ha (in numero); in ogni petalo disegna (chi lo sa scrivere ol tre a disegnarlo lo scrive) una sua carat teristica: gioco preferito, amico/a del cuore, sport preferito, cibo che gli piace di più, animale che ha o vorrebbe avere, cartone animato preferito; nelle foglie invece disegna (e scrive) cosa vorrebbe fare da grande e un sogno che vorrebbe si realizzasse. Alla fine ognuno presenta il suo fiore: in coppia, piccoli gruppi o grande gruppo. Poi i fiori sono appesi al la parete o a un filo, così ogni bimbo può vederli. È un gioco di conoscenza che permette all’insegnante di cogliere le abilità di partenza di ciascun alunno.
L’albero genealogico della tua famiglia. Classe quarta, scuola primaria. Inizio anno scolastico.
Ciascun alunno ha il compito di ricostruire il proprio albero ge nealogico, almeno fino ai bisnonni. È un’esperienza che necessita di: visualizzare graficamente e in modo personalizzato ogni componente della famiglia; definire un ordine cronologico; individuare le caratteristiche fisiche degli an tenati e il loro lavoro; evidenziare gli spostamenti geografici; scoprire le ri correnze dei nomi anagrafici. Sono attività che possono essere realizzate an che in inglese, favoriscono esercitazioni matematiche attive, attivano ricerche di immagini e colloqui con vari componenti della propria famiglia. Si può inoltre prevedere un’inversione di ruolo per cui un compagno presenta l’albero genea logico di un altro compagno. Le varianti sono infinite. È una prova d’inizio anno aperta e problematizzante che consente di individuare facilmente i punti di partenza dei singoli alunni.
Nella valutazione evolutiva ciò che conta non è più, come nella versione più tipica della scuola primaria, l’adattare l’alunno “debole” all’obiettivo da raggiungere, quanto verificare i percorsi di miglioramento dell’alunno rispetto ai propri punti di partenza pur avendo presenti gli obiettivi istituzionali. Diventa prioritario il miglioramento dell’alunno (e la sua verifica graduale) piuttosto che l’obiettivo da raggiungere.
Valutare i miglioramenti in progresso piuttosto che l’adeguatezza degli obiettivi, ribalta la visione tradizionale della valutazione scolastica liberando la scuola dall’incombenza del controllo esterno sistematico, e offrendo agli alunni e alle loro famiglie un modello pedagogico che punta con decisione allo sviluppo delle loro risorse.
Articolo di Daniele Novara, pedagogista e direttore CPP, pubblicato sulla rivista Conflitti n°4-2017.
daniele.novara@cppp.it
1 Si vedano anche D. Novara, Valutare per migliorare, «La Vita Scolastica», n. 6, 2017; e il Dossier, Per una scuola che vale di «Conflitti» n. 4, 2014
2 H. Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolastico, Feltrinelli, Milano 1994, p. 160.
Staff
Daniele Novara
Fondatore e direttore del CPP, pedagogista e autore
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