Il metodo per aiutare tutti a imparare
Fare in modo che ciascuno possa imparare in ogni situazione riuscendo a tirar fuori le proprie risorse.
Nel 1989 ho fondato il CPP, guardando indietro sono grato a quanti hanno contribuito ad aiutarci a segnare una strada.
Oggi, quello che ci caratterizza come istituto è l’aver lavorato su un metodo più che sui dei contenuti, un metodo che serve ad affrontare la vita imparando. L’apprendimento è la cifra del nostro lavoro: fare in modo che ciascuno possa imparare in ogni situazione, non solo i bambini, ma tutti, riuscendo a tirar fuori le proprie risorse.
I punti centrali del metodo CPP sono quattro.
1) Non cercare le risposte ma fare le giuste domande
Questo è l’elemento metodologico più importante: cercare la domanda, non la risposta. Chi ha la fortuna di stare con i bambini, lo sa: fanno tantissime domande. “Da dove arriviamo? Perché bisogna dormire? Anche tu sei stato bambino?” La tentazione è quella di fornire risposte. Ma le domande dei bambini sono straordinariamente ricche di significati generativi e vanno restituite ai bambini: “Tu cosa ne pensi? Cosa ti è venuto in mente?” È l’indicazione che diamo ai genitori: coltivate le domande dei vostri figli.
In genere tutte le domande sono da coltivare a patto che siano maieutiche, cioè chiedano davvero qualcosa che non si conosce. Le altre, le domande di controllo, non generano nulla. Il nostro metodo si fonda sul cambiare il paradigma di una cultura troppo centrata sulla risposta e sul controllo.
2) Meglio imparare ad ascoltare che aspettare di essere ascoltati
È inutile pretendere che l’altro capisca, le parole sono scivolose e, a volte, sono troppe. È necessario smettere di chiedere o pretendere di essere ascoltati, meglio imparare ad ascoltare. Nel nostro lavoro di conulenza osserviamo quotidianamente come questa ricerca sia inefficace. La proposta del CPP è di ribaltare la logica di questa dinamica. Viviamo in una società sempre più suscettibile e permalosa: cambiare prospettiva è oggi estremamente utile se non addirittura necessario.
3) Nel conflitto cerca sempre di imparare
Questo è uno dei capisaldi classici del nostro metodo. Il conflitto è un’esperienza faticosa, a volte dolorosa. Ma il conflitto è anche elemento essenziale del cambiamento e l’evoluzione si fonda sul cambiamento se ci si attiva per imparare. Imparare dai conflitti non è scontato ma è possibile. Ogni conflitto contiene un’anima rigenerativa, la possibilità di un nuovo inizio e di attivare nuove risorse. Per imparare dai conflitti, occorre assumere la fatica invece di sfuggirla. Come proponiamo nella formula “so-stare nel conflitto” è questo ciò che permette un cambiamento.
4) Non essere buono, non essere cattivo
L’idea che ci guida è proporre un approccio che aiuti a riappropriarci dei codici educativi con cui siamo cresciuti, legati alla dipendenza infantile, che ci impediscono di utilizzare appieno le nostre risorse. “Buono” o “cattivo” sono giudizi che derivano dall’infanzia da cui occorre liberarsi perché la crescita personale non è un’alleanza con l’educazione ricevuta quanto piuttosto il suo superamento.
C’è una frase di Dolci, contenuta in Inventare il futuro, che mi sembra particolarmente significativa per racchiudere il senso del nostro lavoro:
“A non aspettarsi di trovare già pronti e a punto gli strumenti che ci sono necessari, a costruirli appositamente giorno per giorno, e nel contempo a non rifiutare di assimilare quanto può venire da altrove, da altri tempi, si impara”.
Estrratto dall'editoriale di Daniele Novara pubblicato sulla rivista Conflitti n°2-2019
daniele.novara@cppp.it
Staff
Daniele Novara
Fondatore e direttore del CPP, pedagogista e autore
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Rivista italiana di ricerca, formazione psicopedagogica e gestione dei conflitti, diretta dal pedagogista Daniele Novara