Stress e età della vita
Di: Alberto Oliverio
Come lo stress può agire nel corso delle diverse fasi dello sviluppo
Col passare dei mesi e degli anni, i genitori notano come il comportamento dei figli cambi nel tempo, sia dal punto di vista cognitivo, sia da quello emotivo.
Queste trasformazioni non rispecchiano soltanto l’accumularsi di esperienze ma anche modifiche della struttura e della funzione cerebrale, in particolar modo dei lobi frontali, implicati nelle cosiddette funzioni esecutive, cioè nella programmazione di un’azione, nell’autocontrollo, nella capacità di inibire le condotte irrilevanti o non appropriate, e di strutture sottocorticali come l’ippocampo, al centro delle risposte a nuovi stimoli ed esperienze, e l’amigdala, coinvolta nelle forti emozioni.
Nella maggior parte dei casi questi mutamenti fanno parte della fisiologia: ma a partire dalla prima infanzia il cervello è anche sensibile a diversi fattori di stress che possono lasciare una traccia permanente e modificare sia le strutture, sia le funzioni nervose e, di conseguenza, comportare modifiche dell’umore e delle capacità cognitive.
Lo stress fa parte della vita quotidiana quando è moderato e di breve durata: ma quando è intenso, duraturo e agisce su un cervello che è ancora in via di sviluppo può lasciare tracce permanenti, a partire dalla vita fetale.
Oggi, i risultati di numerosi studi dimostrano che lo stress non va sottovalutato.
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Ma vediamo, in modo sintetico, come lo stress può agire nel corso delle diverse fasi dello sviluppo:
Fase prenatale
Uno dei dati più noti è che gli stress materni, l’ansia e la depressione comportano un minor peso del nascituro.
Prima infanzia
Il sistema ipotalamo - ipofisi - surrene dei bambini è labile e sensibile a stress di tipo affettivo: ad esempio, uno stato depressivo materno (che comporta una riduzione delle cure del piccolo) o lunghi periodi di separazione dalla madre che possono essere percepiti dai piccoli più sensibili come una forma di abbandono.
Gli effetti di queste alterazioni ormonali sono però reversibili: se qualcuno si prende carico dei piccoli dal punto di vista affettivo, i livelli di cortisolo ritornano normali nel giro di pochi mesi.
Adolescenza
Nel corso dell’adolescenza la corteccia prefrontale, da cui come abbiamo visto dipendono le funzioni esecutive e il controllo dell’emotività, va incontro a un’intensa maturazione che si accompagna anche a un aumento dei recettori per i glucocorticoidi.
Questi esercitano un ruolo importante nel modulare funzioni cognitive ed emotive: lo stress può quindi dar luogo a diverse forme di psicopatologia come depressione e attacchi d’ansia, molto frequenti tra i giovani adolescenti.
Età adulta
E’ stata raccolta una vasta casistica sui cosiddetti disordini postraumatici da stress: in genere esiste una correlazione tra episodi di stress, più specificamente vari tipi di traumi psichici, livelli di glucocorticoidi e forme depressive.
Vecchiaia
Gli stress duraturi accentuano inoltre il processo di apoptosi o morte neuronale a carico dell’ippocampo e della corteccia prefrontale, il che si traduce in una ridotta efficienza cognitiva.
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In conclusione, il cervello è molto sensibile allo stress.
Nelle prime fasi della vita, lo stress altera lo sviluppo di strutture cerebrali in via di sviluppo come l’ippocampo, la corteccia frontale e l’amigdala, un nucleo coinvolto nella regolazione emotiva.
Nell’adolescenza lo stress altera il funzionamento della corteccia prefrontale che in questa età va incontro a profondi rimaneggiamenti: questi effetti possono ripercuotersi nell’età adulta ed essere all’origine di forme depressive.
Bisogna però tenere presente che molti bambini, ragazzi e adulti hanno anche forme di resilienza, la capacità di compensare gli effetti dei vari stress, fisici e psichici.
Questa capacità individuale, indicano diversi studi neuroscientifici, dipende da un complesso intreccio tra fattori biologici e tipo di personalità.
Estratto dall'articolo "Stress e età della vita" di Alberto Oliverio, neurobiologo, pubblicato sulla rivista Conflitti n°2 2022